Ansia da prestazione
Cos’ è l’ Ansia
È la condizione che si vive in caso di eccessiva preoccupazione o paura di ciò che sta avvenendo o che deve avvenire. Solitamente limita la capacità di gustarsi, di vivere gli eventi che la generano, a causa della sua stessa natura che contrasta con la capacità di abbandonarsi e godersi emotivamente ciò che si sta facendo o si sta vivendo. Innesca uno stato di allarme volto al controllo più o meno serrato degli eventi per evitare le temute loro conseguenze.
L’ansia spesso è data dal desiderio di voler raggiungere un traguardo considerato più arduo delle proprie possibilità o con alta probabilità di insuccesso ( in questo caso si parla di ansia della prestazione ). Tale giudizio non è fatto su base concreta, realistica ma sul proprio modo di considerare l’obiettivo posto e, di contro, le proprie capacità in relazione a quell’ obiettivo. Il livello di autostima condiziona molto tale giudizio quindi, in realtà, condiziona il livello di ansia che si accompagna a queste situazioni.
Un’ Ansia “sana” è quella che scompare con la realizzazione della azione che l’aveva prodotta. L’ansia dell’esame è una ansia circostanziata che precede la prova di esame scomparendo nel momento in cui l’esame stesso viene affrontato. Tale esperienza aiuterà in seguito a conoscersi imparando questa propria capacità di dominare l’ansia con l’azione. Quando ciò non avviene si ha un disturbo d’ansia, cioè un’ ansia incontrollabile che spesso si esprime con insicurezze, paure, panico e somatizzazioni ( cioè sintomi somatici di un organo sul quale si “scarica” questa tensione psichica provocando disturbi più o meno intensi ). L’ansia può estendersi su più fronti con intensità variabile e coinvolgere più ambiti di vita con conseguenti disturbi ingravescenti fino a realizzare quadri di panico che rappresentano la perdita di ogni autocontrollo sulle proprie reazioni specifiche a stimoli ansiogeni particolarmente intensi e circostanziati ( panico da folla, da parlare in pubblico, da contato con animali, da disastri, da ambienti chiusi e costretti oppure estremamente aperti, ecc.
Al di là della vera ansia esiste una forma di tensione accentuata che accompagna spesso le azioni di vita di soggetti la cui personalità è più caratterizzata da una condizione di “inuietudine”, di tensione, magari indotta da esperienze negative come insuccessi, minacce, aggressioni ecc. e che non è definibile né considerabile come ansia ma piuttosto come un tratto particolarmente delicato e sensibile della personalità e del carattere. In questo caso spesso il dialogo con persona amica, di esperienza o con lo stesso specialista può essere utile per evitare di sovrastimare la difficoltà magari cedere alla tentazione di un approccio farmacologici ingiustificato.
Le conseguenze dell’ansia sul piano pratico possono essere di due tipi:
– inibitorio: blocco della capacità di iniziativa con atteggiamento rinunciatario o di fuga che interferisce con le attività e i gesti della vita quotidiana specie nell’ambito interessato dalla ansia, dalla insicurezza, dalla paura
– eccitatorio: una irrequietezza, una tensione, una irritabilità, una suscettibilità particolarmente esaltate da far perdere lucidità nella azione e incontrollabilità nella reazione.
L’ansia può manifestarsi in modo:
– acuto, sotto forma di un accesso parossistico, ad insorgenza improvvisa con intensità esplosiva, che si accompagna spesso con disturbi fisici e psichici evidenti e collegabili alla crisi di ansia
– cronico, con modalità protratta nel tempo in cui l’ansia è generalizzata ed accompagna molte delle situazioni di vita quotidiana e praticamente ha un carattere persistente e meno specifico e circostanziato. Può associarsi anche a manifestazioni fisiche ma solitamente entra a far parte dell’agire quotidiano della persona.
I disturbi ansiosi se presenti con notevole intensità e durata possono ostacolare o rendere difficili le relazioni con gli altri in ambito familiare come lavorativo, sociale provocando a sua volta disagi e sofferenze ancora più marcate a se stessi e agli altri. Proprio per questo è importante saper capire quando una ansia supera il livello di una inquietudine e di una insicurezza circostanziata e controllabile per assumere connotati di maggior significato patologico e poter ricorrere così allo specialista per un approccio terapeutico, meglio se non farmacologici, in modo da ripristinare uno stato di equilibrio psico-fisico con psicoterapie brevi mirate sul sintomo.
L’ansia solitamente non permette uno stato di equilibrio, di controllo delle proprie azioni e delle proprie emozioni e come tale limita la capacità di godersi, di partecipare pienamente, con trasporto la condizione che si sta vivendo. Ciò avviene perché l’ansia contrasta la propria personale capacità di abbandonarsi e contemporaneamente concentrarsi psichicamente ed emotivamente in ciò che si sta facendo.
L’ANSIA della PRESTAZIONE è un tipico esempio di come la paura dell’eventuale insuccesso ponga la persona in una condizione di difficoltà a svolgere l’atto che si teme di sbagliare e di conseguenza in una subalternità rispetto a chi quell’atto deve ricevere e quindi è nelle condizioni di valutarne la adeguata esecuzione.
L’insicurezza della riuscita diventa causa sufficiente per la non-riuscita.
E’ il caso in cui ci si aspetta il fallimento, lo si prevede, lo si profetizza e con questa premessa i comportamenti non saranno più liberi e adeguati ma inadeguati a causa del condizionante stato di ansia della prova, cioè un’attenzione posta non sull’effetto dell’agire ma sulle modalità dell’agire. E’ come se il “come” prevalesse sul “cosa”, la “riuscita” del gesto sul “gusto” di farlo !
Gli atteggiameti, i comportamenti e i convincimenti che ne seguono vanno tutti nella direzione dell’insuccesso… per cui esso non può che non arrivare.
Ognuno di noi è artefice del suo agire e ne determina la realizzazione attraverso le sue convinzioni, le sue emozioni, le sue paure, ecc. Se queste prendono il sopravvento non permettono di essere lucidi nella realizzazione dell’evento ( parlare in pubblico, affrontare un esame, confrontarsi con una persona che si ritiene superiore, avere un rapporto sessuale ecc. ) per cui le proprie insicurezze non lasciano spazio ad un atteggiamento positivo, convinto e determinato al raggiungimento del proprio scopo. Ciò avviene perché si teme il giudizio dell’altro o degli altri e lo si teme tanto più quanto meno si è convinti delle proprie potenzialità, delle proprie capacità.
A volte, poi, si finisce per strafare. Ci si ritrova che meno ci si sente sicuri e più si è tentati di esagerare nel far bene per stupire, per meravigliare così che il propri timori possano essere cancellati da una perfetta esecuzione: come dire che si cerca a tutti i costi che la realtà, travolgentemente positiva, sconfessi la profezia , drammaticamente negativa. In realtà non esiste qualcosa al di fuori di noi che sia in grado di gestire le nostre cose per cui finisce che ci facciamo male da soli. Infatti ne deriva un innalzamento delle aspettative verso se stessi aumentando ancora di più il livello che si richiede alla propria abilità: e qui il cane si morde la coda da solo, proprio per il fatto che già più si ha paura di non farcela chiedendo a se stessi il “normale”, figuriamoci se ci “autochiediamo” lo speciale. A questo punto la paura di non farcela aumenta e quindi la probabilità di non farcela per davvero è ancora maggiore.
La terapia consiste nel riuscire a rimettere in fila tutte queste condizioni che determinano le ansie, lavorando sulle insicurezze e sui loro presupposti; queste insicurezze sono le reali cause di disistima che nel tempo si sono andate sovrapponendo nella personalità dell’ansioso. Lavorando così in sedute di psicoterapia è possibile evitare, molto spesso, l’assunzione di farmaci che di fatto non risolvono i problemi alla radice ma pongono solo una sordina al disagio, ai turbamenti, alle preoccupazioni, che restano intatte anche se meno evidenti sul piano psico-somatico tenuto sotto controllo dal sintomatico ansiolitico. Invece il vero modo per uscirne è quello di riappropriarsi di un modo di vivere le cose, gli atti, con una capacità di dominio sugli stessi data dalla convinzione e dalla abilità di svolgere il proprio ruolo e il proprio mandato in modo naturale.
Il punto nevralgico, infatti, sono le proprie convinzioni, i veri fattori di condizionamento del proprio agire, ma anche del percepire le proprie abilità. Cosicché una volta individuate le convinzioni che sono alla base di queste insicurezze e di questi comportamenti “condizionati” si riesce a recuperare fiducia in sè sostituendo le proprie convinzioni critiche con convinzioni più vere, più realistiche, più serene… Questo aiuta ad essere più se stessi considerando che il valore di ciò che riesce è sempre più importante e significativo del dis-valore di ciò che non ci riesce. La consapevolezza che l’errore è possibile aiuta ad accettarlo senza attribuirgli un valore predittivo sulla persona o un giudizio sulle sue abilità generali o specifiche. E’ così che la paure di sbagliare scomparirà: sapendo fare meglio lo cose che vogliamo fare ma anche ridimensionando il significato compromettente dell’insuccesso. L’ ìnsuccesso non è più una sconfitta, l’errore non più una bocciatura, il limite non è più un difetto: è questo cambiamento che renderà liberi non condizionando più negativamente gli atteggiamenti di fondo nel fare le cose.